Nella psicoanalisi centrale è il ruolo giocato dall’inconscio e ancora di più dagli affetti che assumono un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo. Certo è che se per Freud sessualità e aggressività guidavano ogni azione umana e la relazione contava poco per i suoi successori a partire dalla nota M. Klein per finire con D. Winnicott la relazione madre-bambino diventa il nuovo oggetto di studio. Il mondo interno assume un ruolo centrale e i sentimenti, le passioni, le esperienze emotive, l’amore e l’odio sono alla base delle motivazioni umane.
La psicoanalisi assumeva che l’esperienza della prima infanzia fosse dominata da un mondo di fantasie e che molti degli abusi e delle ingiustizie che i pazienti riferivano di aver patito da piccoli rappresentassero piuttosto delle costruzioni distorte prodotte dalle stesse forze interne da cui avevano preso origine i loro conflitti nevrotici. In realtà purtroppo molte delle esperienze di abuso subite da piccoli dalle persone sono state reali. Selma Fraiberg aveva assistito numerosi pazienti che avevano patito abusi e maltrattamenti proprio dalle figure da cui avrebbero dovuto aspettarsi amore e protezione. Quello che la Fraiberg aveva rilevato era la assoluta incoerenza tra il contenuto del ricordo e l’affetto corrispondente in quanto spesso questi ricordi venivano narrati con totale distacco emotivo o addirittura giustificando chi ne era stato l’artefice. Quegli stati affettivi dimenticati e dissociati dalla vita di tutti i giorni una volta che queste vittime avessero avuto dei figli si sarebbero ritrovati nello stesso contesto in cui certi eventi traumatici si erano prodotti vale a dire nella condizione di intimità con il bambino che diventava bersaglio designato della ripetizione di quegli eventi. La patologia nasceva dunque dalla difesa messa in atto e dal barricamento dell’emozione. Diventava allora indispensabile quando si interveniva con questi genitori farli parlare della loro relazione coi propri genitori, far loro raccontare della loro vira da bambini, di che succedeva in casa e di quale rapporto ci fosse fra i genitori. Sembra insomma che il bambino sin dal momento in cui viene al mondo debba portare su di sé il peso di chi lo ha fatto nascere per diventare l’attore inerme e inconsapevole del dramma familiare. La storia però non è destino e accanto a questi casi c’è ne erano altri di desolazione violenza e abbandono che non avevano pero intaccato il solido e amorevole legame di chi li aveva subiti con i loro figli. Ciò che faceva la differenza, affermava la Fraiberg, era il tipo di difesa che era stato avviato all’epoca del trauma infantile perché quello che conta, ci insegna lea psicoanalisi, non sono i fatti ma come li elaboriamo e le rappresentazioni che ne abbiamo.