Quando una coppia funziona favorisce lo sviluppo emotivo e la crescita personale di entrambi i partner. Quando questo benefico effetto viene perso la coppia agisce comportamenti che generano sofferenza reciproca dove ognuno rischia di concentrarsi solo sulle colpe dell’altro attraverso litigi e discussioni che sovente ripetono lo stesso copione con la sensazione di un’incomprensione reciproca senza fine.
Nell’intervento sulla coppia si cerca di permettere una presa di consapevolezza delle dinamiche di coppia, delle modalità comunicative e delle aspettative inconsce depositate sull’altro.
La terapia mira a ristabilire, recuperare o generare risorse che permettono al legame di divenire fonte di benessere per i partner anziché causa di sofferenza.
L’obiettivo non è necessariamente però quello di tenere unita la coppia a tutti i costi.
In alcuni casi si può anche arrivare a decidere di separarsi.
Le problematiche di coppia possono riguardare il passaggio dall’innamoramento all’amore dove all’idillio iniziale si sovrappone la delusione, a volte troppo elevata, rispetto alle caratteristiche del partner che non piacciono e che sovente sono anche tratti di uno o di entrambi i propri genitori ricercati inconsciamente nel partner e vissuti con ambivalenza.
Il legame di coppia può limitare molto l’indipendenza con il senso di soffocamento che ne può derivare.
L’arrivo di un figlio genera un cambiamento irreversibile nella coppia.
L’equilibrio della coppia viene scosso e uno nuovo se ne deve creare che si dovrà continuamente modificare a seconda della fase specifica di crescita del figlio dall’infanzia all’adolescenza, fase delicata del processo di crescita che rompe gli equilibri familiari e di coppia.
Quando i figli se ne vanno poi la coppia, che per anni ha investito prevalentemente sul ruolo genitoriale, deve ritrovare la propria identità di coppia sentimentale.
A questo si aggiungono le problematiche sessuali che possono assumere significati, forme e conseguenze diverse da coppia a coppia; l’infertilità con i problemi legati al senso di inadeguatezza della coppia, alla rottura dell’intimità, all’invasività dei partner.
Il matrimonio – o in una relazione affettiva duratura e significativa – è una sorta di “relazione terapeutica naturale” da intendersi come il campo di manifestazione delle prime relazioni oggettuali irrisolte. Il coniuge agisce da contenitore di un oggetto interno dell’altro a cui vengono “affidati” aspetti del Sé.
Nelle relazioni di coppia ogni membro può cercare di imporre, consciamente e inconsciamente, una relazione di ruolo intrapsichica al partner in cui assegna un ruolo a se stesso e uno complementare all’altro.
Nel corso di una relazione significativa é possibile infatti osservare in ognuno dei due partner la formazione di un aspetto del sé complementare all’oggetto, ossia quell’aspetto della rappresentazione del sé che si adatta con la rappresentazione dell’oggetto.
In questa prospettiva é stato messo in evidenza non solo il tema dell’uso dell’altro come una dimensione fondamentale all’interno dei rapporti umani ma anche il tema dell’uso della reciprocità nella relazione come “incastro di due mondi interni”.
In questo senso il matrimonio – o comunque un legame affettivo significativo e abbastanza duraturo – potrebbe essere interpretato come il tentativo di risolvere, in senso propulsivo, oppure regressivo, le tematiche interne individuali.
Si potrebbe forse aggiungere in questa direzione che probabilmente la relazione della coppia adulta “si presta” a innescare fantasie e attese legate a un “affido reciproco” di aspetti del proprio mondo interno.
Questo “affido” non é da vedersi necessariamente come negativo o patologico. L’altro può essere usato cioè in modo “propulsivo” per conoscersi, crescere, ma può anche essere usato in modo “delirante”. Così come si potrebbe aggiungere può esservi una “compiacenza”, una “disponibilità” dell’altro, nel co-creare una relazione distorta, collusiva.
Queste considerazioni relativamente al fatto che lo stato interno di un soggetto sia regolato tramite il rapporto con l’altro, rendono plausibile ipotizzare che quando una coppia si forma vi é un ingaggio vicendevole e dobbiamo chiederci se esso é all’insegna di un compito evolutivo legato ai processi di individuazione/separazione e di monitoraggio affettivo reciproco o se é “la messa in atto” di una relazione interna che può desiderare di essere tranquillizzata tramite modalità regressive o può, paradossalmente, ricercare una frustrazione.
Possiamo cioè interrogarci sull’uso che viene fatto della relazione se essa é nella direzione di una possibilità di riparazione e di una relazione interna disadattiva o se essa tende a riproporre una relazione, per quanto dolorosa possa essere, al fine di assicurarsi una “prevedibilità” che mantenga la coesione del sé.
Può cioè essere messo in atto un “copione” che si impone sulla capacità di assicurare un senso di sicurezza e comprensione reciproca, o addirittura si innesca una combinazione che determina un circolo vizioso in cui a qualcuno deve essere assegnato il senso di fallimento, di incapacità.
In sintesi, se il processo di “rivisitazione” della propria esperienza interna fallisce nella direzione di non potere mitigare gli aspetti disadattivi delle relazioni interne, potremmo trovarci di fronte a una situazione da leggersi in senso patologico in cui il legame di coppia viene utilizzato come il “luogo” in cui esteriorizzare le dimensioni persecutorie e non ci si può giovare di nuove reintroiezioni.